Il trattamento delle vertigini poggia le basi sulla definizione stessa di vertigine: più che una malattia, essa si può considerare un disagio, ovvero un sintomo persistente, che può essere correlato a numerose patologie sia di tipo locale che sistemico, e che spesso coinvolge l’assetto psicologico ed emozionale di chi ne è affetto, costituendo in alcuni casi un fattore invalidante per una normale e serena conduzione della propria vita.
Riportiamo di seguito i principali interventi di cui si compone l’approccio terapeutico.
Trattamenti farmacologici :
La terapia farmacologica esprime la massima efficacia nel trattamento delle forme acute mentre nelle patologie croniche assume un significato prevalentemente sintomatico.
Schematicamente possiamo ricordare :
- Farmaci sintomatici
vengono utilizzati soprattutto per ridurre la vertigine e la sintomatologia neurovegetativa associata alle crisi vertiginose maggiori ( nausea, vomito, tachicardia, sudorazione…); la loro azione consiste almeno in parte nella inibizione della attività dei nuclei vestibolari centrali (cosiddetti “farmaci vestibolo soppressori”); il trattamento deve essere di durata breve (giorni) per evitare che l’inibizione di attività dei nuclei vestibolari ritardi o comprometta i processi di compenso vestibolare centrale; fra i più utilizzati ricordiamo :
. neurolettici derivati dalla fenotiazina (tietilperazina, proclorperazina)
. antiemetici (metoclopramide)
. antidopaminergici ( Levosulpiride)
. anticolinergici ( scopolamina..)
. benzodiazepine ( Alprazolam, Lorazepam…)
- Farmaci eziopatogenetici
. ad attività vascolare-emoreologica (vasodilatatori, antiaggreganti piastrini, regolatori della viscosità ematica);
. antibiotici nelle labirintopatie otogene batteriche;
. antivirali nelle neuroniti virali;
. miorilassanti e antinfiammatori nelle patologie cervicali;
. farmaci anti-idropici ( diuretici osmotici, risparmiatori di potassio, tiazidici)
. steroidi
. neurotrofici ( Piracetam, Citicolina ..)
. farmaci ad attività mista (attività sul microcircolo, sulla neurotrasmissione e/o sul
metabolismo neuronale):
. istamino-simili (betaistina);
. calcio-antagonisti (flunarizina, cinarizina, nimodipina)
. alfa-adrenolitici ( Buflomedil, Nicergolina..)
Trattamenti chirurgici
le più comuni patologie responsabili di una sintomatologia vertiginosa, suscettibili di trattamento chirurgico, sono rappresentate dalle fistole labirintiche, malattia di Meniere, neurinoma del nervo acustico.
- Il trattamento chirurgico di una fistola labirintica consiste nell'identificazione, isolamento e la chiusura (plastica) della stessa con fascia temporale, pericondrio del trago o altro materiale biologico. L'atto chirurgico può consistere in un intervento di timpanotomia esplorativa o, in caso di fistola secondaria ad una otite cronica con o senza colesteatoma, nel trattamento dell'otite cronica secondo le consuete tecniche chirurgiche aperte o chiuse, seguito dalla plastica della fistola.
- la chirurgia del sacco endolinfatico: consente,in un numero discutibile di casi, un miglioramento della sintomatologia vertiginosa grazie ad una riduzione della pressione dell’endolinfa ottenuta aprendo il sacco endolinfatico. Questo viene reperito attraverso una mastoidectomia seguita dall’esposizione del sacco e apertura dello stesso verso la mastoide con inserimento o meno, di un drenaggio.Talvolta questo intervento consente un miglioramento della soglia uditiva.
- interventi chirurgici, definiti "ablativi" in quanto finalizzati alla soppressione anatomica o funzionale del labirinto posteriore; possono comportare una perdita uditiva, talvolta completa e, nella migliore delle ipotesi, non consentono miglioramenti dell'udito. Ricordiamo sinteticamente:
trattamento con gentamicina: consiste nell'installazione intratimpanica di gentamicina, antibiotico ototossico: consistei iniezioni intratimpaniche ripetute, monitorando la soglia uditiva, in anestesia locale, ambulatorialmente.
labirintectomia trans-mastoidea o trans-meatale
neurectomia vestibolare: consiste nella sezione selettiva del nervo vestibolare nel condotto uditivo interno risparmiando i nervi cocleare e facciale,Le tecniche più comunemente usate sono:
- via retrolabirintica: costituisce attualmente il "gold-standard" della chirurgia del trattamento delle vertigini periferiche intrattabili con un buon udito preoperatoria.
- via della fossa cranica media: media in questo caso il nervo viene raggiunto sulla superficie superiore attraverso un'apertura ossea a livello della squama temporale; per l'alta percentuale di complicanze a carico del nervo facciale rispetto alle altre procedure questa metodica è stata abbandonata dalla maggior parte dei centri
- via trans-labirintica: viene riservata ai casi con udito non più utilizzabile e che non rispondono al trattamento con gentamicina
- neurinoma dell'ottavo nervo cranico. Il progresso della microchirurgia e l'affinamento delle tecniche diagnostiche audiologiche, otoneurologiche e neuroradiologiche ha determinato negli ultimi anni un progressivo spostamento della terapia del neurinomi dell’ottavo nervo cranico dalla sfera di competenza strettamente neurochirurgica verso quella di competenza otoneurochirurgica. Ciò è legato da un lato alla capacità, tuttora in evoluzione, di diagnosticare neurinomi di piccole dimensioni ancora del tutto contenuti nel condotto uditivo interno, dall'altra di affrontare la neoplasia mediante le tecniche microchirurgiche utilizzando un campo operatorio ristretto, quindi meno traumatizzante per le strutture nervose contigue, nel quale sia tuttavia possibile effettuare la dissezione del tumore preservando le funzioni del nervo acustico e del nervo facciale.
La scelta della via di aggressione del neurinoma e' basata sulla sua sede e sulle sue dimensioni. Possiamo ricordare, in linea del tutto schematica , le vie di aggressione di interesse otoneurochirurgico:
via della fossa cranica media, per tumori intrameatali di piccole dimensioni
via retro labirintica, possibile per tumori di dimensioni medio-piccole
via translabirintica, indicata per tumoridi grandi dimensioni; la via trans-labirintica comporta necessariamente una perdita uditiva totale e permanente dal lato operato.
I primi due accessi possono, nella migliore delle ipotesi, evitare la perdita dell'udito. Nessuno degli interventi proposti consente un recupero uditivo.
Sedute di Counselling
Un’attenta riflessione riguardo l’aspetto di soggettività nella percezione delle vertigini e delle sue ricadute sulla vita quotidiana, unita ai dati che fornisce la ricerca scientifica spinge a considerare la necessità di un arricchimento nel trattamento di questo tipo di sintomo, trattamento che tenga in considerazione non solo la componente somatica della vertigine, ma anche la componente psicologica, intesa nella doppia accezione di possibile fattore scatenante o aggravante la patologia, e di ricadute del sintomo nella vita quotidiana delle persone che ne soffrono.
A tal proposito si rimanda all' articolo "il Counselling Vestibolare"
La rieducazione vestibolare
La rieducazione vestibolare è indicata in pazienti con stato vertiginoso cronico da decompensazione, da compenso assente o parziale di labirintopatie periferiche, mono o bilaterali, in esiti stabilizzati di patologie centrali
Lo scopo degli esercizi e’ quello di realizzare un meccanismo di “tolleranza o adattamento” delle strutture del sistema nervoso centrale che compensi eventuali asimmetrie labirintiche o condizioni di danno delle strutture vestibolari. La rieducazione vestibolare utilizza protocolli di esercizi che stimolano questo meccanismo di adattamento, e tanto più diligentemente e regolarmente questi sono eseguiti, tanto più rapidamente migliora la sintomatologia.
Grazie alla rieducazione vestibolare si favorisce il fisiologico compenso centrale che si manifesterà con un miglioramento della sintomatologia vertiginosa e con un più rapido recupero funzionale.
Il protocollo di rieducazione vestibolare viene definito al termine dell’iter diagnostico congiuntamente dal medico e dal riabilitatore in base alle condizioni cliniche appurate, per tanto ogni scelta terapeutica è creata per favorire le condizioni fisiologiche di adattamento di ogni singolo paziente.
Il Follow up
Il monitoraggio nel tempo dei risultati della terapia consente di riprogrammare, se necessario, i protocolli terapeutici e di mantenere il risultato ottenuto, seguendo cosi l’evolversi delle condizioni cliniche ed il ritorno su un piano di stazionario equilibrio.