Cenni di anatomia del sistema uditivo Cenni di anatomo-fisiologia del Sistema Uditivo
Anatomia
Dal punto di vista anatomico, l'apparato uditivo può essere suddiviso in:
• orecchio esterno;
• orecchio medio;
• orecchio interno;
• sistema uditivo centrale.
Orecchio Esterno: é formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno.
Il padiglione auricolare è costituito da cartilagine rivestita dalla pelle strettamente adesa ad una sottostante membrana di tessuto connettivo, il pericondrio. La sua funzione è quella di raccogliere i suoni per inviarli all'interno del condotto uditivo.
Il condotto uditivo presenta pareti lisce provviste esternamente di peli, ghiandole sebacee e ceruminose, il cui secreto ha una funzione protettiva; al termine del condotto uditivo si trova la membrana del timpano.
Orecchio Medio: è un sistema di cavità contenute nella rocca petrosa dell'osso temporale ed è costituito da tre componenti:
• Cassa del timpano: chiusa verso l’esterno dalla membrana timpanica e contenente i tre ossicini dell’udito definiti nel loro insieme catena ossiculare: il martello, direttamente a contatto con la membrana del timpano, l'incudine e la staffa a contatto col labirinto attraverso la finestra ovale.
• Tuba di Eustachio: canale muscolo-carilagineo che sbocca nel rino-faringe mettendo in comunicazione l’orecchio medio con le alte vie respiratorie.
• Mastoide: prominenza dell’osso temporale posta dietro il padiglione contenente numerose piccole cavità piene d’aria (cellule mastoidee) la maggiore delle quali, detta “Antro” comunica con la cassa del timapano
Orecchio Interno: l'orecchio interno è una struttura estremamente complessa, preposta sia alla
funzione uditiva sia a quella dell'equilibrio. E’ composto da due porzioni, definite "labirinti": il Labirinto Osseo, scavato nell'osso temporale contiene il Labirinto Membranoso sede dell’organo dell’udito e dell’equilibrio. Tra i due Labirinti si interpone un liquido detto Perilinfa, mentre all’interno del labirinto membranoso è contanuta l’Endolinfa. Il Labirinto Membranoso è costituito dal Sacculo, dall’Utricolo, dai tre Canali Semicircolari (organo dell’equilibrio) e dalla Chiocciola (organo dell’udito).
La chiocciola ossea o coclea è essenzialmente costituita da un canale (canale o condotto spirale) disposto a spirale per due giri e ¾ attorno ad un nucleo conoide denominato modiolo, formato da tessuto osseo spugnoso .
Il canale spirale è diviso in due rampe da una lamina ossea incompleta larga circa 1 mm (lamina spirale): la rampa vestibolare (superiore) e la rampa timpanica (inferiore); ambedue le rampe sono collegate tra loro tramite un’apertura rotondeggiante denominata elicotrema, posta all’apice della spirale. Mediante una membrana connettivale, che va dal margine libero della lamina spirale ossea alla parete esterna del canale spirale, la membrana di Reissner, viene a formarsi nella scala vestibolare un’altra cavità il canale cocleare. La parete inferiore del canale cocleare è a sua volta costituita prevalentemente da una membrana connettivale, la membrana basilare, su cui poggia l’organo del Corti, formato dalle cellule recettoriali e dalle cellule di sostegno.
L’organo del Corti è il vero organo neuro-sensoriale uditivo. Esso è posto sopra la membrana basilare lungo tutta la chiocciola membranosa. È percorso longitudinalmente da un canale interno triangolare (galleria del Corti) delimitato da due pilastri di cellule di sostegno, che permette di suddividere l’organo del Corti in due porzioni, una interna ed una esterna. Nella prima si trovano le cellule ciliate interne, in numero di 3.500 circa, disposte su di un’unica fila; nella seconda porzione si trovano le cellule ciliate esterne in numero di 15.000 circa, disposte su tre file .
Le cellule ciliate, interne ed esterne, presentano nella parte apicale numerose ciglia che contraggono rapporto con la membrana tectoria, una membrana elastica capace di deformarsi con facilità sotto la spinta pressoria perilinfatica originata dai movimenti della staffa. La base delle cellule ciliate contrae sinapsi con le fibre nervose che traggono origine dai neuroni bipolari del ganglio del Corti, situato nel modiolo della chiocciola.
Sistema Uditivo Centrale
Le cellule di origine delle fibre del nervo cocleare si trovano nel ganglio spirale del Corti contenuto nel modiolo. Il prolungamento periferico di questi neuroni bipolari penetra nella chiocciola dove si mette in rapporto con le cellule acustiche ciliate dell’organo del Corti; il prolungamento centrale invece, passa attraverso i canali longitudinali del modiolo dove gli assoni formano il Ganglio Spirale e vanno a formare la componente cocleare dell’ottavo nervo cranico. Il nervo cocleare percorre il meato acustico interno e, dopo essersi unito con il nervo vestibolare a formare un unico tronco nervoso (VIII nervo cranico o nervo stato-acustico), penetra nel tronco encefalico a livello del bordo superiore del bulbo, proprio sotto il margine inferiore del ponte, vicino al peduncolo cerebellare inferiore. Le fibre che compongono il nervo cocleare terminano quindi nei nuclei cocleari del tronco encefalico immediatamente superficiali ai peduncoli cerebellari inferiori (corpo restiforme). Di qui partono le vie nervose ascendenti che formano i lemnischi laterali che dopo aver fatto tappa a livello mesencefalico (tubercoli quadrigemini inferiori) e diencefalico (corpo genicolato mediale) raggiungono il giro temporale superiore a livello della corteccia cerebrale dove si trovano le aree acustiche primarie e associative corrispondenti alle aree 41 e 42 della mappa di Brodmann.
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Cenni di fisiologia del sistema uditivo Fisiologia
Vediamo ora sinteticamente come funziona il nostro Apparato Uditivo, cioè come un suono, raccolto dal padiglione uditivo viene trasferito all’orecchio interno, trasformato in impulso bio-elettrico e da qui condotto al cervello.
1) Il suono si propaga con onde sonore che mettono in movimento l’aria circostante e
vengono captate dal padiglione auricolare, che le incanala nel condotto uditivo esterno
al cui fondo fanno vibrare il timpano (orecchio esterno)
2) La vibrazione del timpano, proporzionata alla intensità del suono, mette in movimento
gli ossicini sottostanti, il martello, l’incudine, la staffa, contenuti in una cavità detta
cassa del timpano e collegata con il naso attraverso un tubicino, detto tuba di
Eustachio (orecchio medio)
3) La vibrazione dell’ultimo ossicino, la staffa, muove i liquidi contenuti nella chiocciola e
li spinge lungo un canale interno alla chiocciola, la scala timpanica (Orecchio interno).
4) Nella scala timpanica i liquidi stimolano con il loro movimento i filamenti sensitivi
delle cellule uditive, che trasformano l’onda sonora in un segnale bio-elettrico .
5) Il segnale bio-elettrico emesso dalle cellule uditive viaggia lungo il nervo acustico e
raggiunge il cervello, alla corteccia uditiva, dove viene riconosciuto e compreso come suono.
Il sistema uditivo centrale è costituito da un insieme di fibre nervose, dotate di una loro individualità
anatomica (via cocleare centrale), con la funzione di trasportare lo stimolo acustico dal nervo
acustico al lobo temporale della corteccia cerebrale.
In prima approssimazione si può dire che la coclea si comporta come un analizzatore di frequenza,
e che suoni di diversa frequenza eccitano regioni diverse della coclea. Per i suoni ad alta
frequenza la massima escursione della vibrazione si ottiene a livello basale, mentre i suoni a
bassa frequenza interessano principalmente l'apice. E' probabile che a livello della coclea vengano
riconosciute l'intensità e la frequenza di un suono e che quest'informazione venga trasmessa in
codice, attraverso il nervo acustico, alla corteccia cerebrale.
Le altre funzioni più complesse, come il riconoscimento, la localizzazione dei suoni e la discriminazione della durata, avvengono nelle stazioni uditive intermedie lungo la via acustica centrale.
Infine hanno verosimilmente sede nella corteccia cerebrale tutti gli altri meccanismi che
coinvolgono funzioni di apprendimento e di valutazione.
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Ipoacusia e sordità Ipoacusia e Sordità
La funzione uditiva si sviluppa in rapporto alla necessità di mettere in comunicazione l’organismo con l’ambiente circostante con particolare riferimento a due aspetti specifici:
- funzione di allarme: l’udito è una delle funzioni del nostro organismo attiva 24 ore su 24 (anche durante il sonno)
- funzione di comunicazione con altri esseri viventi
La sua diminuzione (ipoacusia) o perdita (anacusia se monolaterale, cofosi se bilaterale) comporta notevoli limitazioni comportamentali e sociali, ed è una delle patologie più presenti nella nostra società. La sua prevalenza varia da circa lo 0,2% sotto i 5 anni di età ad oltre il 40% sopra i 75 anni.
In base all’epoca di insorgenza le ipoacusie possono essere classificate in:
congenite, cioè presenti alla nascita, e acquisite cioè insorte successivamente: preverbali se insorte prima dello sviluppo del linguaggio e postlinguali se insorte dopo lo sviluppo del linguaggio. Bisogna precisare che tale distinzione non fa riferimento alla causa dell’ipoacusia.
L’ epoca di insorgenza è un fattore importante da conoscere forse più della causa della menomazione, quasi sempre non suscettibile di alcuna guarigione, poiché condiziona l'apprendimento del linguaggio. Infatti, una perdita dello udito, acquisita prima dello sviluppo della parola equivale, in pratica, ad una perdita congenita.
Per quanto attiene la eziologia delle ipoacusie, numerose cause possono essere annoverate. La classificazione di tali ipoacusie riveste una notevole importanza ai fini preventivi ed ancora oggi quella più aderente alla realtà e’ quella proposta da Goodhill, che schematizza le ipoacusie congenite in:
- Ereditarie: ipoacusie in cui è riconosciuta un’anomalia cromosomica. Si può affermare che il 75/80% dei casi di deficit ereditario dell'udito sia legato a geni autosomici recessivi e che il 20/25% sia legato al contrario a geni dominanti.
- Acquisite:
> Prenatali: tossiche: esogene, endogene
infettive: parassitarie,batteriche,virali
> Perinatali: ipossia, ittero
> Post-natali: infettive, traumatiche, tossiche
Di non minore importanza e’ la determinazione della localizzazione della lesione che ha indotto l'ipoacusia. Infatti una perdita uditiva legata ad un difetto di trasmissione può, almeno nella maggior parte dei casi, essere trattata e regredire: la diagnosi precoce e’ di fondamentale importanza per attuare gli interventi del caso prima dell'acquisizione del linguaggio.
In rapporto alla localizzazione possiamo sinteticamente classificare le ipoacusie in quattro gruppi:
• Trasmissive
• Neurosensoriali, cocleari e centrali
• Miste
• Funzionali
IPOACUSIE TRASMISSIVE:
si parla di ipoacusia trasmissiva quando lo stimolo sonoro per motivi puramente meccanici non può raggiungere le cellule uditive. Ciò può essere dovuto ad una semplice ostruzione del condotto uditivo esterno per la presenza di un tappo di cerume o ad una alterazione del meccanismo di trasmissione del suono operante nell’orecchio medio, per esempio la presenza di secrezioni sieromucose nella cassa timpanica come ad esempio l’otite media secretiva che è molto frequente nel bambino. L’entità della perdita uditiva per un problema di tipo trasmissivo non può eccedere i 60dB.
IPOACUSIE NEUROSENSORIALI:
definite anche recettive o percettive, sono conseguenti ad un danno delle cellule uditive o delle fibre del nervo acustico. La più frequente tra le ipoacusie neurosensoriali cocleari è la presbiacusia nella quale il deficit uditivo è dovuto all’invecchiamento e progressiva diminuzione delle cellule uditive. Il trauma acustico cronico e l’uso di farmaci tossici per le cellule uditive sono altre due cause frequenti. Fra le cause di ipoacusia neurosensoriale generalmente monolaterale non vanno dimenticate la sordità da infezione virale e le forme conseguenti a danno ischemico.
Il neurinoma del nervo acustico, tumore benigno che si sviluppa dall’ottavo nervo cranico (nervo stato-acustico), seppure poco frequente (circa 1 ogni 100.000 abitanti), può essere una possibile causa di ipoacusia recettiva e deve essere sempre ricercato ed escluso in ogni asimmetria uditiva neurosensoriale.
Un cenno a parte meritano le forme neurosensoriali centrali. Sono così definite le ipoacusie in cui il danno è localizzato a livello del tronco dell’encefalo o di strutture ad esso superiori. In questi casi la difficoltà del soggetto affetto è legata alla comprensione del segnale verbale. Tra le più note forme di ipoacusia centrale possiamo annoverare la neuropatia uditiva. In essa il soggetto presenta la concomitanza di normali otoemissioni acustiche e assenza/alterazione dei potenziali evocati uditivi verosimilmente a causa di una desincronizzazione della trasmissione lungo le vie uditive. Si usa il termine sordità centrale completa quando non si rileva alcuna soglia uditiva per i toni puri, mentre si parla di agnosia uditiva come dell’incapacità di identificare i suoni pur in presenza di una soglia normale. Si parla di agnosia uditivo verbale o sordità per le parole quando è presente solo l’incapacità a decodificare il codice fonologico. In questa forma la capacità di leggere, scrivere e parlare rimane normale. Un altro tipo di sordità per le parole coinvolge i bambini che sviluppano un’epilessia delle aree uditive, la così detta afasia epilettica o Sindrome di Landau-Kleffner. Bisogna considerare che spesso queste diverse entità cliniche possono sovrapporsi o modificarsi nel tempo.
IPOACUSIE MISTE:
si considerano miste le ipoacusie nelle quali si associa una componente neurosensoriale ad una trasmissiva. L’esempio più frequente è quello di un anziano con ipoacusia neurosensoriale di tipo presbiacusico cui si forma un tappo di cerume. Naturalmente questa definizione vale anche per l’associazione tra una ipoacusia trasmissiva ed una centrale e tutte le possibili combinazioni.
IPOACUSIE FUNZIONALI:
sono definite funzionali le ipoacusie nelle quali non è presente alcuna alterazione nel meccanismo di trasmissione e recezione del suono ma nelle quali il paziente ignora lo stimolo uditivo, o per simulazione o per problemi di natura psichiatrica.
In base all’entità del deficit le ipoacusie possono essere distinte in:
• NORMOACUSIA < 25 dB
• IPOACUSIA LIEVE 25-40dB
• IPOACUSIA MEDIA 40-60dB
• IPOACUSIA MODERATA 60-70dB
• IPOACUSIA GRAVE 70-90dB
• IPOACUSIA PROFONDA > 90dB
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Diagnostica Audiologica La diagnostica audiologica è volta ad individuare le possibili cause dell’ipoacusia, a definire le caratteristiche quantitative e qualitative dell’udito nonché , attraverso alcuni specifici esami, l’attività delle singole componenti della via acustica.
• ANAMNESI ED ESAME CLINICO DELL’ORECCHIO:
• Raccolta particolareggiata della storia clinica del paziente e dei dati di anamnesi audiologica/ORL
• Indagine dell’orecchio esterno (padiglione, condotto uditivo e membrana timpanica): l’esame clinico dell’orecchio si avvale di strumentazione dedicata: microscopio ottico, otoscopio (ottica rigida) e video- otoscopio.
• DIAGNOSTICA DI I LIVELLO
- Esame Audiometrico tonale: L’audiometria tonale liminare, ha lo scopo di ricercare la soglia uditiva per i toni puri (suoni che possiedono una frequenza pura che vengono presentati ad intensità di soglia (livello minimo di udibilità dei suoni puri percepibili dall’orecchio umano). Per tale esame, svolto in cabina silente, viene utilizzato l’audiometro, che è uno strumento capace di produrre ed erogare toni puri
- Impedenzometria: e' un esame che studia l’elasticità di membrana timpanica e catena degli ossicini e la pressione dell’aria contenuta nell’orecchio medio; fornisce indicazioni oggettive sulla presenza di perforazioni della membrana timpanica o di presenza di catarro ; particolari test impedenzometrici (studio dei riflessi stapediali) sono utili per una prima definizione delle capacità uditive di pazienti molto piccoli non in grado di collaborare.
• DIAGNOSTICA DI II LIVELLO
- Audiometria tonale multi – frequenziale: ricerca della soglia uditiva per singole frequenze da
125 Hz a 20000 Hz utilizzando toni puri, per via aerea e ossea
- Esame Audiometrico Vocale: possiamo considerare l’audiometria vocale come una tecnica prevalentemente qualitativa atta a misurare la capacità del sistema uditivo ad interpretare la voce umana.
- S.I.S.I. test(Short Increment Sensitivity Index): ricerca del fenomeno di Recruitment
- TEN test (Threshold Equalizing Noise): ricerca di aree di coclea non più attive
- L.D.L.(Loudness Discomfort Level: ricerca della soglia di massima tollerabilità per singole frequenze
- Prove di funzione tubarica a timpano aperto e chiuso: viene utilizzato per valutare la funzionalità della tuba di Eustachio, cioè la comunicazione tra orecchio medio e naso.
- Potenziali evocati acustici (ABR, test otoneurologico): studio della conduzione dello stimolo uditivo lungo la via acustica centrale
- Otoemissioni Acustiche: studio della funzionalità delle cellule acustiche esterne
• DIAGNOSTICA O VALUTAZIONE DELLA RESA PROTESICA : a tal proposito si rimanda all’ articolo dedicato
• DIAGNOSTICA DELLE IPOACUSIE INFANTILI: a tal proposito si rimanda all’ articolo dedicato
• ULTERIORI ACCERTAMENTI
- Esami ematochimici per la valutazione del rischio trombotico
- Eco-doppler (Eco-color-doppler) dei tronchi sovra-aortici
- Doppler trans-cranico con ricerca di MES
- RM dell’ encefalo, TC Rocche e Mastoidi
- Valutazione neurologica
- Valutazione autoimmunità
- Valutazione endocrinologica
- Valutazione genetica
- Valutazione infettivologica
- Eventuali altre valutazioni specialistiche
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Diagnostica Audiologica Infantile La funzione uditiva sembra iniziare verso la ventesima settimana di gestazione, ma è solo tra la ventottesima e la trentesima settimana che sono operanti i fondamentali meccanismi dell’analisi di intensità e frequenza acustica. Una risposta fetale alla stimolazione acustica si può avere, infatti, fino dalla ventiduesima settimana di gestazione:si tratta di improvvise contrazioni muscolari, di movimenti della testa ma soprattutto di modificazioni della frequenza cardiaca fetale. Anche alla nascita sono presenti queste reazioni spontanee fetali, muscolari e neurovegetative (risposte considerate di difesa), che vengono a prodursi nel neonato per stimoli acustici di intensità superiore ai 70dB. Nei primi due mesi di vita la sfera uditiva del neonato appare piuttosto limitata e le sue risposte (ammiccamento, pianto, arresto di attività, aumento della frequenza respiratoria, ecc) sono del tipo tutto o nulla. Il bambino impara a distinguere suoni vocali e già al terzo mese la voce materna suscita una maggiore attenzione rispetto a voci di persone estranee. Il bambino comincia a reagire a stimoli di intensità sonora anche modesta(30-40dB), ma è solo verso i sei mesi che dà risposte a stimoli di intensità di 10-20dB. Sempre a quest’età il bambino riesce a cogliere il significato di una particolare intonazione vocale (es. un rimprovero), a nove mesi è in grado di riconoscere parole a lui familiari. Durante il primo anno alla reazioni di allarme subentrano i riflessi di orientamento. Si assiste ad un progressivo affinamento della capacità di localizzazione sonora che consiste, inizialmente, in una rudimentale rotazione del capo verso la sorgente sonora(3 mesi), poi nella diretta localizzazione sonora sia in senso laterale che verso il basso(6-13 mesi) ed infine in tutte le direzioni(21-24 mesi).
La necessità di una diagnosi precoce del deficit uditivo e della sua origine è legato all’acquisizione ed allo sviluppo corretto del linguaggio nel caso di ipoacusie di tipo neurosensoriale ed alla comunicazione interpersonale in caso di ipoacusie di tipo trasmissivo in età scolare e prescolare.
A questo scopo vengono utilizzate metodiche di indagine audiologica soggettiva particolari chiamate nel loro complesso Audiometria Comportamentale.
METODICHE SOGGETTIVE:
Tali metodiche permettono di fornire informazioni rilevanti circa la soglia uditiva del bambino e si basano sull’osservazione delle variazioni, riflesse o volontarie, del comportamento del bambino in risposta a stimoli sonori tarati in frequenza ed intensità. Tale osservazione è correlata alla conoscenza delle funzioni cognitive e delle fasi dello sviluppo neurologico infantile.
Esistono diverse metodiche di AUDIOMETRIA COMPORTAMENTALE, utilizzate a seconda delle fasce di età.
VRA-Visual Reinforcement Audiometry e COR -Conditioned Orienting Response: i bambini normalmente, sviluppano la capacità di girare la testa verso una sorgente sonora intorno ai 5-6 mesi di vita , questo comportamento è alla base delle tecniche che utilizzano un rinforzo visivo dove Il bambino è posto tra due altoparlanti collegati ad un audiometro e davanti ad uno strumento con vari segnali visivi. Il piccolo paziente viene condizionato in maniera da ottenere la valutazione della soglia uditiva attraverso il riflesso di orientamento.
Play Audiometry: il bambino impara a rispondere correttamente attraverso un attività ludica ai vari stimoli inviati.
METODICHE OGGETTIVE:
POTENZIALI EVOCATI ACUSTICI – ABR Neurologico: I potenziali evocati acustici del tronco encefalico (ABR, Auditory Brainstem Response) sono una metodica di tipo oggettivo che rappresenta la registrazione dell’attività elettrica del nervo cocleare, delle vie e dei nuclei del tronco encefalico fino al collicolo inferiore. Valutano la conduzione dello stimolo acustico dall’orecchio al tronco.
POTENZIALI EVOCATI ACUSTICI-ABR Audiologico: col quale si ricerca la soglia uditiva
OTOEMISSIONI ACUSTICHE: le TEOAE sono costituite da segnali acustici provenienti dalla coclea e generatisi a livello della cellule ciliate esterne. Tali eventi sono presenti sia spontaneamente, che in seguito ad una stimolazione sonora (clicks o tone bursts) e possono essere registrati con un adatto microfono posto nel condotto uditivo esterno. Attraverso le TOAE non è possibile ricostruire un audiogramma, ma confermano la buona funzionalità delle cellule acustiche esterne.
IMPEDENZOMETRIA: L’esame impedenzometrico è un esame diagnostico audiologico obiettivo che ci permette di valutare con la timpanometria, lo stato anatomo-funzionale del sistema timpano-ossiculare, l’elasticità della membrana timpanica e le condizioni di ventilazione dell’orecchio medio. Lo studio dei riflessi stapediali fornisce informazioni sulla soglia uditiva e sulla funzione del nervo facciale.
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Terapia della Ipoacusia Terapia della Ipoacusia
La terapia della ipoacusia è classicamente distinta in Medica, Chirurgica e Protesica
TERAPIA MEDICA:
• Terapia medica dell'ipoacusia conseguente a patologie dell’orecchio esterno:
Le patologie più comuni dell'orecchio esterno che determinano ipoacusia riguardano le ostruzioni meccaniche (tappi di cerume, tappi epidermici, tappi micotici, corpi estranei), o le flogosi del condotto uditivo. La rimozione dei tappi di cerume e di quelli epiteliali può essere fatta mediante aspirazione o con l'impiego di una corretta da cerume, ma viene soprattutto eseguita mediante lavaggio, irrigando il condotto uditivo con acqua a temperatura corporea. L'asportazione dei corpi estranei del condotto e’ di solito possibile mediante lavaggio, o con l'uso di curette o di uncini a punta smussa. Nel trattamento dell’ eczema dell'orecchio esterno sono soprattutto impiegati corticosteroidi per uso topico.
La terapia medica delle flogosi dell'orecchio esterno, sia essa localizzata (foruncolo) che diffusa a tutta la cute del condotto, richiede come trattamento di elezione la terapia antibiotica e cortisonica per via generale e locale; prevede inoltre nel caso della otomicosi la rimozione completa della massa fungina mediante lavaggio o aspirazione e l’utilizzo locale di antimicotici specifici.
• Terapia medica dell'ipoacusia conseguente a patologie dell’orecchio medio:
poiché le flogosi acute dell'orecchio medio prendono origine da un processo infiammatorio della tuba di Eustachio (tubo timpanite) con conseguente stenosi della stessa, i primi provvedimenti terapeutici devono essere rivolti alla risoluzione dell’insufficienza tubarica. L'uso di decongestionanti nasali (antistaminici, vasocostrittori), mucolitici e cortisonici è in grado, in molti casi, di risolvere la patologia;
possono essere utili inoltre manovre quali il cateterismo tubarico, l’utilizzo di Otovent o il Politzer dinamico con Ear Popper.
In caso di otite media acuta diventa necessario trattare il processo infettivo con impiego di antibiotici, cortisonici, fluidificanti sia per via generale che per via nasale (Aerosoli, spray nasali), eventualmente associati ad analgesici. La terapia antibiotica, associata ai trattamenti espressi a proposito della stenosi tubarica, deve essere protratta per un tempo sufficientemente lungo, sino a 10-14 giorni al fine di ottenere la remissione completa della flogosi, senza incorrere in resistenze batteriche.
Analogamente nella forma purulenta, quando l'otite acuta si accompagna ad otorrea, sarà opportuno associare alle terapie precedentemente ricordate l’instillazione locale di antisettici, antibiotici e cortisonici dopo accurata toilette del condotto uditivo esterno.
Il trattamento delle otiti secretive (o sieromucose) croniche, che rappresentano soprattutto in età pediatrica la causa più frequente di ipoacusia, e’ volto da un lato ad eliminare o modificare le differenti condizioni anatomiche, flogistiche, tissutali che innescano e mantengono il processo trasudativo-essudativo e dall'altro a ripristinare una normale situazione anatomo-funzionale dell'orecchio medio eliminando la secrezione in esso presente.
La somministrazione per via generale e aerosolica nasale di antibiotici, antinfiammatori, mucolitici e antistaminici in genere ottiene la risoluzione del processo patologico; migliori risultati si possono ottenere associando alla terapia farmacologica le manovre precedentemente ricordate quali le insufflazione tubariche, il Politzer dinamico con Ear Popper ed eventualmente la creno terapia sulfurea (cure termali con acque solforose e/o salsobromojodiche.
La adenoidectomia e altre terapie chirurgiche volte alla rimozione dei fattori ostruttivi nasali e rinofaringei esplicano un ruolo profilattico e terapeutico assai importante. Nel caso di versamenti endotimpanici resistenti a tutte le terapie e’ indicato il drenaggio transtimpanico (vedi terapia chirurgica della sordità).
Il trattamento delle otiti medie croniche deve essere programmato tenendo conto anche dei fattori loco-regionali e generali responsabili dell'insorgenza e della persistenza di un eventuale processo suppurativo.
In caso di infezione in atto risulta indispensabile la terapia antibiotica per via generale e locale (da eseguire se possibile sulla base dell'antibiogramma) e in dosi sufficientemente protratte nel tempo.
Totalmente inefficaci sono tutti tentativi di trattamento medico della timpanosclerosi e della otite fibro-adesiva o atelettasica, mentre per quanto attiene l'otosclerosi la terapia con sali di fluoro ha dato risultati contrastanti. La terapia medica delle ipoacusie da traumi dell'orecchio che ha la finalità di prevenire le complicanze flogistiche locali con l'impiego di antibiotici e cortisonici per via generale e locale.
• Terapia medica dell'ipoacusia conseguente a patologie dell’orecchio interno:
La terapia delle ipoacusie da trauma acustico cronico e da farmaci ototossici, qualunque sia la modalità terapeutica impiegata, e’ praticamente priva di efficacia; pertanto il trattamento essenziale è esclusivamente legato alla prevenzione.
Il trattamento della presbiacusia ha essenzialmente lo scopo di ritardare la progressiva evoluzione tissutale che ne è responsabile; si utilizzano pertanto farmaci vasoregolatori del microcircolo, polivitaminici, neurotrofici, antiossidanti.
Nelle forme di ipoacusia recettiva ingravescente la terapia farmacologica può ritardare l'evoluzione della patologia mediante il ricorso a vari tipi di farmaci: cortisonici (nelle forme autoimmuni), neurotrofici (Piracetam, Citicolina), vasoattivi ( vasodilatatori, antiaggreganti piastrinici, regolatori della viscosità ematica), polivitaminici, antiossidanti.
Nel programmare la terapia delle sordità improvvisa neurosensoriali idiopatiche va tenuto presente che queste rappresentano delle vere e proprie emergenze otologiche e pertanto richiedono un trattamento il più precoce e tempestivo possibile. Sotto il profilo clinico, tranne per le forme traumatiche, non esistono criteri sicuri in grado di discriminarne le varie cause (virali, vascolari, allergiche, da rottura delle membrane cocleari… ). I farmaci che si usano vengono pertanto prescelti basandosi sulle ipotesi patogenetiche più probabili. Si utilizzano comunque farmaci attivi sul microcircolo ( vasodilatatori, antiaggreganti piastrinici, regolatori della viscosità ematica…), cortisonici, diuretici ( tiazidici, risparmiatori di potassio, osmotici…) ed eventualmente polivitaminici e antivirali in caso di sospetto di una eziopatogenesi virale.
In caso di controindicazione all'utilizzo di cortisonici per via generale (pazienti affetti da diabete, ipertensione, glaucoma, ulcera gastrica…) e’ possibile ricorrere all'iniezione intratimpanica di cortisone, prassi che può essere utilizzata sia come prima scelta sia come terapia secondaria in caso di insuccesso. Un cenno a parte merita la ossigenoterapia iperbarica (OTI): e’̀una terapia incruenta attuata mediante respirazione , in camere iperbariche pressurizzate, di ossigeno puro al 100%, a pressione superiore a quella atmosferica, ottenendo così la presenza in ogni cellula del corpo di una maggior quantità di ossigeno, 20 volte superiore al normale. Nella terapia dell’ipoacusia improvvisa può essere associata alle terapie precedentemente ricordate.
TERAPIA CHIRURGICA:
• Terapia chirurgica dell'ipoacusia conseguente a patologie dell’orecchio esterno:
La terapia chirurgica delle ipoacusie causate dalle lesioni dell'orecchio esterno si compendia essenzialmente nella asportazione di esostosi stenosanti il condotto uditivo o nella asportazione di neoplasie del condotto che vanno escisse rispettando la radicalità oncologica.
• Terapia chirurgica dell'ipoacusia conseguente a patologie dell’orecchio medio:
La chirurgia correttiva delle malformazioni congenite che, oltre ad interessare l'orecchio esterno coinvolgono molto spesso anche l'orecchio medio, presenta risultati, soprattutto sotto il profilo del guadagno uditivo, spesso assai modesti; si tende pertanto ad operare solo i casi di “atresia auris” bilaterale, e trattare le forme unilaterali solo in casi selezionati.
Nei casi di otite media secretiva (o catarrale) cronica, nei soggetti che non hanno risposto alla terapia farmacologica, e’ indicato il trattamento chirurgico di drenaggio transtimpanico. Tecnicamente l'intervento consiste in una incisione della membrana del timpano (miringotomia o paracentesi timpanica). Dopo l'incisione il versamento endotimpanico viene aspirato e si introduce un tubicino di drenaggio attraverso i margini della perforazione. Il tubo di drenaggio avviene di solito espulso spontaneamente, per un processo di migrazione epiteliale, dopo circa 6-8 mesi, almeno abitualmente. L'indicazione all'intervento deve essere comunque posta solo in caso di otite catarrale cronica cioè versamento endotimpanico presente da almeno 12 settimane e non risolvibile con terapia medica.L’applicazione del tubo di ventilazione trans timpanico puo' essere associata a tecniche di chirurgiche volte alla correzione dei fattori ostruttivi nasali e rinofaringei (ad esempio l'adenoidectomia nell’infanzia o interventi naso-sinusali finalizzati al ripristino di una corretta ventilazione nasale).
L'intervento, pur di esecuzione semplice e rapida, non è scevro di complicanze: possiamo ricordare l'otorrea cronica per intolleranza, l'ostruzione in caso di secrezioni ceruminose abbondanti, la formazione di cicatrici della membrana, la perforazione residua alla espulsione del drenaggio e, seppur raramente, la formazione di un colesteatoma dell'orecchio medio per migrazione dell'epitelio pavimentoso del condotto uditivo nella cassa.
La terapia chirurgica delle otiti croniche ha due obiettivi fondamentali: quello primario della eliminazione del focolaio flogistico e quello funzionale di ripristino di una corretta capacità uditiva dell'orecchio.
Possiamo distinguere diversi interventi:
- Mastoidectomia semplice: e’ indicato oltre che nelle oto mastoiditi acute anche in alcune forme di oto mastoidite cronica caratterizzate da lesioni semplici.
- Mastoidectomia radicale o svuotamento petro mastoideo: consiste nello svuotamento della cavità antro attico timpanica, comprendendo nella resezione anche la parete posteriore ossea del condotto uditivo esterno. Trattandosi di una tecnica “aperta”(cioè con demolizione della parete posteriore del condotto uditivo esterno) essa comprende anche un tempo di plastica del meato e della conca al fine di armonizzare le dimensioni della cavità a quelle del suo orifizio di ventilazione. Tale intervento trova indicazione in alcune otiti croniche colesteatomatose, infette, complicate ad esempio da paralisi facciali o da lesione endocraniche.
- Gli interventi di timpanoplastica hanno lo scopo fondamentale di ricostruire chirurgicamente un apparato timpano-ossiculare lesionato e perturbato nella sua funzione di trasmissione del suono.
Ai fini classificativi vale la pena di ricordare la classica distinzione che differenzia le timpanoplastiche di primo tipo, consistenti nella ricostruzione della sola membrana timpanica, di secondo, terzo e quarto tipo volte al ripristino della continuità tra timpano e orecchio interno mediante ricostruzione della catena ossiculare (ossiculoplastica). Le timpanoplastiche possono essere effettuate per via transmeatale o per via trans-mastoidea. In questo caso possiamo distinguere timpanoplastiche con tecnica chiusa cioè con preservazione della parete posteriore del condotto uditivo esterno e timpanoplastiche con tecnica aperta cioè gli svuotamenti petro-mastoidei con un secondo tempo ricostruttivo.
I risultati più brillanti della chirurgia della sordità si ottengono, senza alcun dubbio, nel trattamento della otosclerosi. Benché la terapia protesica possa risolvere con successo la sordità conseguente ad otosclerosi l’intervento chirurgico costituisce attualmente il metodo più efficace di trattamento. Con il miglioramento delle tecniche chirurgiche il trattamento classico di stapedectomia, intervento che comporta la rimozione della staffa e la sua sostituzione con una protesi artificiale, è stato sostituito con l'intervento di stapedotomia in cui la staffa anziché rimossa viene solo perforata prima dell’inserimento della protesi.
L'intervento viene effettuato generalmente in anestesia locale e comporta un soddisfacente recupero uditivo in circa 90-95 pazienti su cento; in una piccolissima percentuale di casi il recupero può non essere soddisfacente e nell'1% dei casi viene riferita una perdita uditiva molto grave che può causare sordità totale nell'orecchio operato.
• Terapia chirurgica dell'ipoacusia conseguente a patologie dell’orecchio interno:
le più comuni patologie responsabili di una perdita uditiva di tipo recettivo, suscettibili di trattamento chirurgico, sono rappresentate dalle fistole labirintiche, malattia di Meniere, neurinoma del nervo acustico.
- Il trattamento chirurgico di una fistola labirintica consiste nell'identificazione, isolamento e la chiusura (plastica) della stessa con fascia temporale, pericondrio del trago o altro materiale biologico. L'atto chirurgico può consistere in un intervento di timpanotomia esplorativa o, in caso di fistola secondaria ad una otite cronica con o senza colesteatoma, nel trattamento dell'otite cronica secondo le consuete tecniche chirurgiche aperte o chiuse, seguito dalla plastica della fistola.
- l'unico trattamento chirurgico della malattia di Meniere che puo' consentire un recupero uditivo, grazie ad una riduzione della pressione dell’endolinfa, è rappresentato dalla chirurgia del sacco endolinfatico. Questo viene reperito attraverso una mastoidectomia seguita dall’esposizione del sacco e apertura dello stesso verso la mastoide con inserimento o meno, di un drenaggio. Gli altri interventi chirurgici proposti per la terapia della malattia di Meniere, definiti "ablativi" in quanto finalizzati alla soppressione anatomica o funzionale del labirinto posteriore (trattamento con gentamicina, labirintectomia, neurectomia vestibolare), comportano una perdita uditiva, talvolta completa e, nella migliore delle ipotesi, non consentono miglioramenti dell'udito.
- neurinoma dell'ottavo nervo cranico. Il progresso della microchirurgia e l'affinamento delle tecniche diagnostiche audiologiche, otoneurologiche e neuroradiologiche ha determinato negli ultimi anni un progressivo spostamento della terapia del neurinomi dell’ottavo nervo cranico dalla sfera di competenza strettamente neurochirurgica verso quella di competenza otoneurochirurgica. Ciò è legato da un lato alla capacità, tuttora in evoluzione, di diagnosticare neurinomi di piccole dimensioni ancora del tutto contenuti nel condotto uditivo interno, dall'altra di affrontare la neoplasia mediante le tecniche microchirurgiche utilizzando un campo operatorio ristretto, quindi meno traumatizzante per le strutture nervose contigue, nel quale sia tuttavia possibile effettuare la dissezione del tumore preservando le funzioni del nervo acustico e del nervo facciale.
La scelta della via di aggressione del neurinoma e' basata sulla sua sede e sulle sue dimensioni. Possiamo ricordare, in linea del tutto schematica , le vie di aggressione di interesse otoneurochirurgico:
via della fossa cranica media, per tumori intrameatali di piccole dimensioni
via retro labirintica, possibile per tumori di dimensioni medio-piccole
via translabirintica, indicata per tumoridi grandi dimensioni; la via trans-labirintica comporta necessariamente una perdita uditiva totale e permanente dal lato operato.
I primi due accessi possono, nella migliore delle ipotesi, evitare la perdita dell'udito. Nessuno degli interventi proposti consente un recupero uditivo.
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Il problema della protesizzazione acustica: la riabilitazione protesica e l’impianto cocleare l’approccio protesico per risolvere un problema uditivo si avvale dell’applicazione di apparecchi acustici la cui funzione è quella di amplificare i suoni ad un livello e in un modo tale da permettere alla persona ipoacusica di utilizzare il suo udito residuo in modo efficace.
Ai fini di una corretta protesizzazione acustica è indispensabile una precisa valutazione delle caratteristiche qualitative e quantitative dell’udito del paziente; a tal fine è indispensabile, prima di giungere ad una indicazione protesica l’esecuzione di specifici esami definiti nel loro insieme come “prove di audiometria protesica” o “studio del campo dinamico dell’udito”
• PROVE DI AUDIOMETRIA PROTESICA/CAMPO DINAMICO DELL’UDITO
- Audiometria tonale multi – frequenziale: ricerca della soglia uditiva per singole frequenze da
125 Hz a 20000 Hz utilizzando toni puri, per via aerea e ossea
- Esame Audiometrico Vocale: possiamo considerare l’audiometria vocale come una tecnica prevalentemente qualitativa atta a misurare la capacità del sistema uditivo ad interpretare la voce umana.
- Esame Audiometrico Tonale e Vocale in campo libero eseguito con rumore di competizione
- S.I.S.I. test(Short Increment Sensitivity Index): ricerca del fenomeno di Recruitment
- TEN test (Threshold Equalizing Noise): ricerca di aree di coclea non più attive
- L.D.L.(Loudness Discomfort Level: ricerca della soglia di massima tollerabilità per singole frequenze
• LE PROTESI ACUSTICHE CLASSICHE
La protesi è costituita principalmente da tre elementi: microfono, amplificatore, ricevitore; secondariamente da una sorgente di alimentazione e dai comandi di regolazione. Il suo principio di funzionamento segue il seguente schema: il suono è captato dal microfono e convertito in un segnale elettrico corrispondente alle variazioni della pressione sonora.
Il segnale è quindi amplificato ed inviato ad un ricevitore che converte il segnale elettrico in suono. L’ amplificatore è dotato di un controllo del guadagno e fornisce altre regolazioni come i controlli della risposta in frequenza. Una importante funzione dell’amplificazione e quello di limitare la quantità massima di pressione sonora che la protesi può erogare L’anello finale del sistema è la chiocciola fatta per inserire la protesi nell’orecchio del paziente.
Classificazione delle protesi
Le protesi acustiche vengono classificate e denominate in base alla posizione che assumono rispetto al padiglione auricolare e in base a strutture(occhiale, scatola esterna) che ne costituiscono parte integrante:
• protesi retroauricolari: fatte in modo da essere messe dietro al padiglione auricolare e possono avere dei guadagni sufficienti a compensare ipoacusie molto severe
• protesi endoauricolari (completamente inserite nel condotto uditivo): costruite in un involucro fatto dal calco dell’orecchio del paziente consentono, a causa della miniaturizzazione amplificazioni limitate dei suoni.
• protesi ad occhiale: in cui il microfono, l’amplificatore e il ricevitore sono contenuti nelle stanghette dell’occhiale. Possono essere utilizzate in tutti quei casi di sordità trasmissiva ormai stabilizzatasi.
• tipi speciali di protesi acustiche (CROS, BiCROS): lo scopo principale della protesi CROS e BiCROS è quello di fornire una amplificazione bilanciata anche in casi di udito asimmetrico. I sistemi sono composti da due dispositivi, posti su entrambe le orecchie, che comunicano tra loro grazie alla tecnologia wireless: il trasmettitore posto sull'orecchio "peggiore" riceve i suoni provenienti da quel lato e li ritrasmette istantaneamente all'apparecchio acustico posto sull'orecchio "migliore", creando un effetto reale di profondità ambientale e lasciando inalterata e naturale la qualità sonora.
• LE PROTESI IMPIANTABILI
Il BAHA, sigla che significa apparecchio acustico ancorato all’osso (bone anchored hearing aid), è la combinazione di un apparecchio acustico accoppiato ad una vite in titanio ancorata all’osso temporale con un piccolo intervento in anestesia locale (generale nei bambini). Questa protesi sfrutta la conduzione del suono per via ossea che permette di bypassare tutte le strutture dell’orecchio medio che concorrono alla trasmissione meccanica del suono. Il BAHA rappresenta oggi la soluzione per tutti quei pazienti che presentano una ipoacusia di trasmissione o mista (sia forme acquisite che malformazioni congenite) che non è trattabile chirurgicamente o con i normali apparecchi acustici
- Il VIBRANT SOUNDBRIDGE è un particolare tipo di protesi acustica fissato chirurgicamente all’incudine (ossicino dell’orecchio medio); induce sotto stimolo acustico una vibrazione alla catena ossiculare compensando in questo modo la perdita uditiva del paziente.
Il Vibrant Soundbridge si compone di una parte esterna o Processore (inserito in una tasca sotto cutanea retroauriculare) e da una parte interna che, raccolto il segnale proveniente dal processore, lo converte tramite il Tasduttore o Massa Vibrante, da segnale elettrico in vibrazioni all’incudine.
L’IMPIANTO COLCEARE
L’impianto cocleare è un dispositivo che consente ad adulti e bambini affetti da sordità profonde di sentire. Esso fornisce degli impulsi elettrici direttamente alle fibre del nervo acustico bypassando le cellule dell’orecchio interno (cellule ciliate) danneggiate. Gli impulsi una volta raggiunto il cervello vengono interpretati come suoni. Non si tratta quindi di un apparecchio acustico che amplifica solamente i suoni.
L’impianto cocleare è costituito da una parte interna (inserita con un intervento chirurgico eseguito in anestesia generale della durata durata di 2-3 ore) detta ricevitore/ stimolatore provvisto di una frusta di elettrodi (array) ed una parte esterna costituita dall’elaboratore del linguaggio e la bobina
Come funziona un impianto cocleare
Il suono viene captato dal microfono posizionato sulla parte esterna del capo ed elaborato in segnali digitali che vengono inviati alla bobina la quale, a sua volta, li trasmette attraverso la cute all’impianto interno (ricevitore/stimolatore) che li trasforma in segnali elettrici. Attraverso la frusta porta elettrodi questi segnali stimolano le fibre del nervo acustico nella coclea; da qui, raggiungono i centri uditivi del cervello dove vengono riconosciuti come suoni.
Chi può utilizzare un impianto cocleare
L’impianto cocleare può essere applicato in quei soggetti che presentano un’ipoacusia neurosensoriale grave o profonda bilaterale, con scarso o nessun beneficio dall’utilizzo di una protesi acustica e con forti motivazioni ed aspettative.
L’impianto cocleare può essere applicato sia negli adulti che nei bambini.
Iter diagnostico
Prima di decidere se applicare un impianto cocleare è opportuno rivolgersi ad un Centro Ospedaliero qualificato ed eseguire i necessari accertamenti:
• Visita Audiologica/Otochirurgica
• esami audiologici (es. audiometrici tonali e vocali con e senza protesi, impedenzometria, potenziali evocati uditivi, test al promontorio);
• esami clinici (esami ematochimici di routine per l’anestesia generale);
• TC e RM (per la valutazione dell’anatomia dell’orecchio interno);
• consulenza Foniatrica/Logopedica
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L'approccio corretto alla protesizzazione acustica
La protesizzazione acustica è spesso l’unico approccio terapeutico possibile nelle situazioni in cui il deficit uditivo e comunicativo del paziente non è risolvibile o migliorabile con terapie mediche e/o chirurgiche.
L’importanza della rimediazione della ipoacusia è stata negli ultimi anni sottolineata ed evidenziata da tutta una serie di contributi scientifici che hanno dimostrato la stretta correlazione tra ipoacusia e decadimento cognitivo.
La riduzione uditiva, se non corretta, interferisce con una soddisfacente vita sociale e di relazione, condizione fondamentale per conservare una buona qualità della vita, continuando a svolgere in autonomia e sicurezza tutte quelle attività che fanno sentire attivi e utili, evitando il rischio di incorrere in isolamento, solitudine e depressione elementi questi noti per favorire l’involuzione delle capacità cognitive.
Oggi sappiamo che tra ipoacusia e demenza esiste una relazione bidirezionale: un grave deficit uditivo è in grado di aumentare di ben 5 volte il rischio di sviluppare demenze.
Una corretta rimediazione dei deficit dell’udito deve essere vista come un percorso riabilitativo che prevede tappe successive e conseguenti.
LA DIAGNOSI: un corretto e approfondito percorso diagnostico è la premessa indispensabile per una corretta protesizzazione e non può limitarsi, come purtroppo spesso accade, alla semplice esecuzione di un esame audiometrico.
Occorre, come premessa, distinguere nell’ambito della funzione uditiva due aspetti complementari: sentire e capire:
- Sentire è la funzione specifica dell’orecchio e rappresenta la capacità di percepire un suono.
- Capire è una funzione complessa e consiste in un processo di elaborazione del suono captato dall’orecchio; tale funzione coinvolge diverse strutture del sistema nervoso centrale a partire dalle cellule acustiche dell’orecchio interno (coclea) per terminare alle cellule acustiche del cervello (corteccia uditiva a livello del lobo temporale) dove al suono viene dato un significato specifico (comprensione della parola)
E’ pertanto fondamentale nella fase diagnostica analizzare anticipatamente entrambe le funzioni eseguendo una batteria di test atti a valutare non tanto la capacità di sentire quanto quella di capire. Un tale approccio implica una stretta collaborazione tra il Medico Audiologo/Otorinolaringoiatra e lo specialista in Tecniche Audiometriche.
L’iter diagnostico deve iniziare necessariamente con una visita Audiologica/Otorinolaringoiatrica per una corretta valutazione clinica delle possibili patologie a carico dell’orecchio (esterno, medio, interno), del nervo acustico e della via acustica centrale fino alla corteccia uditiva. Potrà essere necessario svolgere approfondimenti diagnostici in ambito internistico, cardio- circolatorio, neurologico, radiologico e necessariamente una valutazione della capacità uditiva (analizzando distintamente le due funzioni sentire e capire).
La batteria di test audiometrici deve comprendere:
- Audiometria tonale e vocale in cabina silente
- Audiometria vocale in campo libero ed in competizione (con messaggi/suoni competitivi e disturbanti)
- Test sovraliminari (SISI test, LDL , TEN Test) per la valutazione di eventuali effetti distorsivi
Una volta completato l’iter diagnostico il medico specialista sarà in grado di valutare le possibili opzioni terapeutiche che, in rapporto alla patologia riscontrata, potranno essere farmacologiche, chirurgiche o audioprotesiche.
LA TERAPIA: tralasciando in questo contesto le terapie mediche e chirurgiche della perdita uditiva soffermiamo la nostra attenzione sulla terapia audio- protesica.
Un corretto approccio a questa fase implica una stretta collaborazione tra Medico Audiologo/Otorinolaringoiatra e lo specialista in Audioprotesi che dovrà, in base agli accertamenti audiometrici precedentemente espletati ed alle informazioni di carattere clinico ricevute dal medico, eseguire il cosiddetto FITTING PROTESICO, cioè l’insieme delle procedure di scelta e di taratura della protesi acustica.
Il FITTING PROTESICO prevede una fase di adattamento e di valutazione, da parte del paziente, dei risultati ottenuti dall’applicazione protesica e dura mediamente dalle 2 alle 4 settimane, periodo in cui l’Audioprotesista dovrà procedere ad un progressivo affinamento delle tarature del dispositivo al fine di ottenere il miglior grado di rimediazione audiologica possibile e di soddisfazione del paziente; deve necessariamente precedere l’acquisto del dispositivo.
LA RIABILITAZIONE DELLA FUNZIONE UDITIVA
Il processo riabilitativo va inteso come fisioterapia della funzione uditiva con 2 finalità:
- miglioramento della qualità di vita del paziente e correzione delle situazioni di disagio comunicativo e relazionale
- prevenzione, nel lungo termine, del decadimento cognitivo che spesso accompagna il deficit uditivo e mantenimento di una ottimale attività elaborativa della corteccia acustica (lucidità uditiva)
Tale processo riabilitativo deve proseguire nel tempo con controlli periodici e progressivi adattamenti della taratura dei dispositivi.
L’attività riabilitativa è essenziale per raggiungere e mantenere nel tempo dei risultati ottimali e deve proseguire con continuità e costanza.
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Il problema della Ototossicità in ambito Audiologico e Otoneurologico LE REAZIONI AVVERSE DA FARMACI IN AMBITO OTOLOGICO E OTONEUROLOGICO
Si definisce ototossicità la proprietà tossica di certi farmaci nei confronti delle strutture dell’orecchio interno (cellule della coclea e/o del vestibolo) o del nervo acustico.I farmaci ototossici possono agire elettivamente sulla coclea , sull’apparato vestibolare o su entrambi; Il danno tossico è solitamente accompagnato da sintomi quali acufeni, vertigini, ipoacusia, iperacusia. Questi sintomi possono separatamente o in associazione,svilupparsi improvvisamente o gradualmente e possono essere reversibili o irreversibili.
Si ipotizza la presenza di una possibile predisposizione genetica facilitante il danno ototosssico; inoltre quasi tutti i farmaci otolesivi vengono eliminati attraverso i reni per cui l’insufficienza renale predispone al raggiungimento di livelli di rischio . Se possibile prima che venga iniziato il trattamento deve essere valutata la funzione uditiva per documentare una eventuale ipoacusia pre-esistente e quella vestibolare in caso di anamnesi positiva per disturbi dell’equilibrio; l’udito andrebbe controllato periodicamente per tutta la durata del trattamento mediante l’esecuzione di esami audiometrici con particolare riferimento alle alte frequenze; oggi comunque l’esame “gold standard” per il controllo dell’ototossicità è rappresentato dallo studio delle Otoemissioni Acustiche.
Clinicamente il danno della funzione cocleare si manifesta molto prima di quello vestibolare, danno che potrebbe essere anche grave prima che si manifestino le vertigini.La reale entità del danno vestibolare è difficilmente quantificabile,può passare inosservata, soprattutto se il deficit si instaura in modo lento e progressivo.Il controllo periodico dei parametri vestibolari può efficacemente contribuire ad una efficace prevenzione.
La “Guida sui farmaci ototossici, acufenogeni e vertigogeni” (Acta Otorhinolaringologica Italica Vol. IV - No 2 - Maggio 2010) elaborata in base alle informazioni contenute nel “British National Formulary” e nella “Guida all’uso dei farmaci”” a cura del Ministero della Salute e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) suddivide i farmaci potenzialmente otolesivi in quattro categorie:
1) Farmaci ototossici : farmaci capaci di provocare un danno uditivo neurosensoriale; tali farmaci oltre ad indurre ipoacusia possono anche provocare acufeni e vertigini
2) Farmaci acufenogeni : farmaci con potenziale attività induttiva acufenogena ma privi di potenzialità ototossica
3) Farmaci vertigogeni : farmaci con potenziale attività induttiva vertigogena ma privi di potenzialità ototossica
4) Farmaci con possibili effetti audiologici di tipo generico, indicati come “disturbi dell’udito”
Inoltre, la’ dove si si siano potuti raccogliere dati sufficienti, viene indicata la frequenza dell’effetto collaterale utilizzando per l’identificazione di questo dato una lettera dalla “a” alla “e” secondo un grading di frequenza progressiva : a) “molto comune”, g) “molto raro”
Premesso che una ottimizzazione della programmazione farmacologica non può prescindere da un ragionevole compromesso tra vantaggi clinici e rischio di effetti collaterali indesiderati o avversi non è possibile generalizzare le strategie che in questo ambito il medico deve assumere, ma ogni paziente va valutato singolarmente e seguito longitudinalmente nel tempo. Va presa in esame la presenza di altri fattori di rischio come l’età avanzata, la presenza di malattie renali o dismetaboliche, condizioni ambientali di esposizione a rumore, predisposizione familiare o genetica alle patologie uditive, coesistenza di patologie audiologiche neurosensoriali, stato di gravidanza ecc, ecc....oltre alla valutazione delle condizioni uditive e della funzione vestibolare prima dell’inizio di ogni trattamento con farmaci potenzialmente ototossici.
In caso di un trattamento salvavita o comunque irrinunciabile come accade spesso con i pazienti oncologici, cardiopatici o con patologia ipertensiva, è importante informare il paziente che eventuali disturbi della sfera uditiva od otoneurologica possono essere la normale conseguenza dell’importante trattamento a cui è sottoposto; il paziente va informato che tali disturbi, con alcuni rigorosi controlli periodici, eventuali trattamenti citoprotettivi o piccoli aggiustamenti posologici ,possono essere attenuati. In caso di patologie meno gravi si può agire con piccoli aggiustamenti terapeutici,o modifiche del profilo farmacologico, utilizzando eventualmente strategie di sospensione e risomministrazione, a seconda dei casi.
In caso di presenza di disturbi della sfera uditiva o dell’equilibrio è indispensabile quindi una attenta valutazione del profilo farmacoterapeutico del paziente valutando farmaco per farmaco eventuali potenzialità otolesive, acufenogene o vertigogene. E’ altresì indispensabile in tali casi predisporre controlli audiometrici e vestibolari periodici al fine di monitorizzare le eventuali reazioni avverse e l’evoluzione clinica della sfera audiologica e otoneurologica.
Solo così sarà possibile provvedere per tempo a correzioni terapeutiche o aggiustamenti posologici necessari ad evitare indesiderati effetti negativi.
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